Sono gli indiani Tainos ai quali si deve si deve il nome di questa pianta, cohiba, particolarmente apprezzata in occasione delle grandi adunanze rituali. Allora veniva consumata sotto forma di foglie essiccate ed intrecciate, introdotte in una sorta di calumet chiamato tabaco, che si passava di mano in mano in segno di fratellanza e condivisione: un sacerdote, detto behike, sovraintendeva alla funzione ed offriva alle divinità i fumi sprigionati dalla combustione.
Arrivo in Europa
Nel 1492 il Vecchio Mondo, grazie a Cristoforo Colombo, fa la conoscenza di questa pianta, introdotta in Francia molto più tardi, nel 1556, dal monaco cordigliere Andrè Thevet. La Spagna e il Portogallo furono i primi rotori di un commercio che ben presto conquisterà il resto d’Europa. A quell’epoca, però, l’impiego del tabacco era ancora strettamente medicinale: gli si attribuivano in particolare virtù purificanti, lenitive, decongestionanti, e si utilizzava in inalazione, fumigazione e decozione. Si dice che Caterina de’Medici, rifornita dal console di Francia Jean Nicot (da cui prese il nome la nicotina), ne facesse grande uso per trovare sollievo dalle sue emicranie.
Sviluppo e commercio
Dalla seconda metà del Cinquecento la coltivazione del tabacco viene organizzata, con la spinta europea, e le piantagioni si estendono in Nord America, nelle Antille e a Cuba. Il commercio di quella che veniva chiamata la pianta miracolosa tocca l’isola di Malta, l’Italia, i Paesi Bassi, e poi Turchia, Marocco ed infine anche Giappone, con coltivazioni su larga scala.
E’ ancora una volta l’Inghilterra a fare un passo avanti nella distribuzione del prodotto, fino allora riservato all’aristocrazia e ai marinai. La regina Elisabetta I ne incoraggia l’impiego: Virginia, Carolina, Maryland e Kentucky si specializzano nella sua coltivazione.
Arrivano le regolamentazioni
Fedele a se stessa, la Francia, nel primo Seicento, istituisce la prima tassa, o meglio un dazio d’importazione, che Richelieu e poi Colbert eleveranno al rango di privilegio reale. L’avventura del sigaro è puntellata da molteplici ripercussioni legali e diplomatiche: diritto di esclusiva della Compagnia delle Indie Occidentali, proibizionismo, fino al 1791, quando l’Assemblea Nazionale Francese decreta la liberalizzazione della coltivazione, fabbricazione e smercio in tutto il regno, ma sempre e comunque sotto l’egida di enti governativi che avevano il monopolio assoluto su tutti questi prodotti, esattamente come ai giorni nostri.
Il sigaro deve la sua notorietà soprattutto ai grandi di Spagna, e la sua ascesa nel corso del XIX secolo è assicurata dall’atteggiamento britannico, ma il vero trionfo giunge nella seconda metà del ‘900.
Sviluppo moderno
La professionalità delle manifatture, la cura della presentazione, la comparsa delle fascette, si coniugano per elaborare un’immagine raffinata ed edonista. Con questo successo si diversificano i formati, le vitole, e nascono e diventano sempre più famose le marche che ancora oggi caratterizzano il mercato.